La Fed pur confermando, com’era nelle attese, il termine del Quantitative Easing 2 a giugno, ha dichiarato che il suo bilancio nei mesi successivi rimarrà invariato.
Questo significa che le cedole incassate dalla Fed sui titoli di stato acquistati durante i due QE, oltre che la liquidità derivante dalle scadenze, saranno utilizzati ancora per acquistare titoli di stato.
Insomma una forma più leggera di Quantitative Easing che unita al fatto che i tassi, nonostante l’aumento dell’inflazione, rimarranno fermi per un periodo prolungato, non poteva che rivelarsi Bullish per l’azionario.
Gli investitori dopo il comunicato e durante la conferenza stampa di Bernanke hanno capito velocemente che la priorità per la Fed rimane la crescita economica e non l’inflazione.
A questo punto della stagione degli utili i 2/3 delle aziende che hanno comunicato i loro utili trimestrali hanno ecceduto le previsioni degli analisti.
Il testa e spalla rialzista sull’S&P 500 segnalato è scattato nella giornata di mercoledì con il superamento della neckline, accompagnato da volumi sopra la media anche nei giorni successivi. A questo punto è lecito attendersi un veloce pull-back sulla neckline appena superata, o meglio ancora sulla zona di prezzo dei massimi di metà febbraio.
L’aspetto fondamentale di questo Bull Market, dal punto di vista dello spessore, è la costante capacità da parte delle linee cumulative dello spessore di segnare massimi e minimi crescenti in correlazione con gli indici dei prezzi.
L’Advance-Decline Line cumulativa sul Nyse, come aveva fatto sui massimi dell’indice d’inizio mese, ha superato i precedenti suoi massimi a loro volta superiori a quelli di metà febbraio.
Ribadisco che il termine di un Bull Market viene anticipata di alcuni mesi (in media 4) da una serie di massimi decrescenti dell’A-D Line.
A livello di sentiment si conferma una netta differenza tra gli esperti e gli investitori privati, cioè tra gli addetti ai lavori e tra i risparmiatori.
I primi, come evidenziato anche qualche settimana fa dal sondaggio di Investors Intelligence, si confermano ottimisti sulle prospettive del mercato azionario, i secondi sono ancora invece scettici e titubanti sulle decisioni da prendere e rimangono in gran parte alla finestra.
A far compagnia gli analisti partecipanti al sondaggio di Investors Intelligence ci sono ora quelli monitorati dall’Hulbert Financial Digest, che a sua volta elabora l’Hulbert Stock Newsletter Sentiment Index (HSNSI).
L’HSNSI rappresenta la media dell’esposizione netta sull’azionario consigliata dai redattori delle newsletters finanziarie americane.
L’ultimo dato ha raggiunto quota 67,2%, che rappresenta il livello più elevato dall’inizio del Bull Market.
Va ricordato, prima di saltare a frettolose conclusioni, che nel precedente Bull Market il picco più elevato dell’HSNSI fu segnato a quota 70,8 il 24/11/2006, poi solo picchi di ottimismo inferiori.
Fortunatamente non sono dello stesso avviso gli investitori privati americani, intervistati nel sondaggio settimanale dell’AAII, per i quali sembrano proprio che gli indici Usa non siano in un Bull Market.
Con il passaggio dell’S&P 500 da 1.300 a 1.350 e nuovi massimi ci si sarebbe aspettato un aumento significativo della percentuale dei rialzisti, ed invece cosi non è stato.
Nella passata settimana i rialzisti dell’AAII sono aumentati di solo il 5,7%. Di questi il 5,4% sono defluiti dalla quota dei neutrali che rimane comunque elevata al 31,5%.
I ribassisti, fatto ancora più strano, sono scesi solo dello 0,30% al 30,6%.
Dopo un 100% in soli due anni parlare di scetticismo, considerando la bassa quota dei rialzisti, è riduttivo.
Metalli Preziosi e Dollaro
Siamo entrati nella fase euforica, in cui si sfocia nella mania, nel rialzo dei metalli preziosi?
Riguardo all’Argento, non per l’Oro, ci sarebbero tutti gli elementi per rispondere di sì, ipercomprato su base mensile, settimanale e giornaliero, oltre che un sentiment compiacente e ottimista.
Il Daily Sentiment Index sono diversi mesi che oscilla sopra e sotto la linea dell’ottimismo. I nuovi massimi volta per volta hanno rafforzato i rialzisti, costringendo chi ha fatto degli short a ricoprirsi spingendo i prezzi ancora più in alto.
L’etf sull’argento nelle ultime 4 settimane è diventato il più trattato tra quelli quotati in Usa, il volume medio settimanale è stato 2, 4 fino a 6 volte (nella passata settimana) la media dell’ultimo anno.
L’evoluzione parabolica che ha assunto il futures, come anche gli etf che lo replicano, inoltre la distanza dalla media di lungo termine, fanno si che gli acquisti anche in ottica di trading presentano un rischio elevato, mentre l’investitore di medio lungo termine che è in posizione è il caso che inizi a prendere profitto e attenda pazientemente la prossima occasione per acquisti a basso rischio.
L’evoluzione dell’Argento, come quella dell’Oro, ma anche dei mercati azionari, dipende ovviamente dall’andamento del Dollaro Usa.
Ormai la valuta americana è utilizzata quale fonte di finanziamento (carry trades), visti i tassi prossimi allo zero, per poi investire nelle asset class rischiose. Dopo la riunione della Fed di mercoledì questo è ancora più vero.
Con un ribasso nelle ultime due settimane superiore al 3%, sarebbe lecito aspettarsi un recupero del Dollar Index nel brevissimo termine.
Dal 1971 si riscontrano 4 casi in cui il Dollar Index è calato per 9 giorni consecutivi, come è successo di recente.
In tutti questi casi (21/12/1971, 29/04/1994, 25/10/2004, 20/04/2007) ha messo a segno un timido recupero nella settimana successiva (in media dello 0,26%), ha chiuso in recupero due volte a distanza di 1 mese, per poi riprendere il trend ribassista e perdere nei 3 mesi seguenti tutte e 4 le volte (in media il 2,18%).
Dal punto di vista del sentiment il comportamento dei traders rispetto al Dollaro sembra ricalcare quello visto tra giugno e dicembre 2009, con il Daily Sentiment Index che ha oscillato sopra e sotto la linea del pessimismo con il Dollar Index da 80 a quota 74.
Quel minimo è stato superato nella passata settimana e il DSI ha chiuso a quota 4%, un valore minimo estremo che dovrebbe provocare una reazione del Dollar Index.
Analizzando sempre il DSI possiamo notare però che una ripresa del Dollaro deve necessariamente passare attraverso un miglioramento del sentiment, anticipato da una fase laterale del cambio.
Nell’estate del 2008 su di un minimo decrescente del DSI, quindi sempre meno traders disposti a speculare al ribasso sul dollaro, si è vista l’inversione del trend da quota 72.
Quello sembra a oggi il target ideale di questa fase ribassista.
Fino allora la speculazione sui metalli preziosi potrebbe avere ancora gioco facile e i mercati azionari proseguire nel loro rialzo.
Paolo Calcinari
paolo@sentimentcharts.it