Il sentiment dei redattori delle newsletters finanziarie negli Usa, raccolto nel sondaggio settimanale d’Investor’s Intelligence, è passato abbastanza velocemente da “rialzista” a “non rialzista”.
Nella passata settimana i rialzisti sono scesi a quota 43%, un valore segnato a fine settembre 2010, in pratica sempre più analisti non sono più cosi tanto sicuri sulla possibilità di una continuazione del rialzo.
Nel sondaggio d’Investors Intelligence, oltre ad esprimere le loro prospettive sul mercato azionario per il medio-lungo termine, viene anche richiesto se si aspettano una correzione a breve termine. Nella passata settimana la percentuale di chi si attende una correzione di breve termine ha quasi raggiunto i livelli massimi degli ultimi 25 anni.
Prima del 1985 questo indicatore è stato molto volatile, come del resto le stesse percentuali dei rialzisti e ribassisti, in seguito si è stabilizzato. La tabella seguente mostra i casi in cui è stata raggiunta questa quota e la performance successiva dell’S&P 500.
Non è statisticamente rilevante trarre conclusioni su pochi dati ma è evidente che quando molti analisti si attendevano una correzione, che in gran parte si era già sviluppata, aprendo le porte a sorprese positive.
A distanza di 3 mesi l’S&P 500 ha chiuso in guadagno tutte le volte, senza che si verificasse una correzione (su base settimanale) nello stesso periodo.
Buone notizie anche dal sentiment degli investitori privati Usa. Siamo a poca distanza dai massimi di questo bull market, -3% circa, ma i recenti risultati del sondaggio dell’AAII pare che abbiamo fatto un pezzo di strada di un nuovo bear market. Nella passata settimana i rialzisti sono calati al 25,6% (il valore più basso dall’Agosto 2010), mentre i ribassisti si sono stabilizzati al 41%.
Il ratio Bull/Bear AAII, avvicinandosi alla zona di pessimismo, si è distanziato ancora di più dai precedenti minimi segnati a metà marzo.
In conclusione, sarà l’attesa del termine del Quantitative Easing 2 negli Usa, sarà la crisi del debito greco, i deludenti dati economici degli ultimi mesi, sta di fatto che la maggioranza degli investitori sembrano molto preoccupati del futuro, il contrario di quanto succedeva all’inizio di febbraio. Certo è che se si aspetta una crescita economica sostenuta o un ridimensionamento del rischio sul debito dei paesi periferici dell’area euro, il rischio è che si compra a prezzi di molto superiori agli attuali.
Paolo Calcinari
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