Dopo il recupero dai minimi di metà marzo i mercati Usa, in prossimità dei massimi di febbraio, sono andati in stallo, un po’ quello che è successo sempre negli Usa in ambito politico per la difficile approvazione sabato notte del budget federale.
Diverso il comportamento dei mercati azionari europei, che mostrano di poter superare anche la terza crisi del debito sovrano, relativa al Portogallo, e di aver digerito il prematuro aumento dei tassi deciso dalla BCE, ma soprattutto dei paesi emergenti che hanno ripreso la loro corsa e stanno scalando il ranking della forza relativa.
Forse il mercato Usa ha esagerato nel recupero dai minimi di marzo?
Certo è che nel caso dell’S&P 500, arrivato a questo punto, a un soffio dai massimi di metà febbraio, forse era meglio dopo i minimi fare un retest degli stessi per prendere la spinta sufficiente a superare i massimi.
Anche il sentiment velocemente si è migliorato dal pessimismo di metà marzo.
Considerando che il sentiment degli investitori migliora con la crescita degli indici azionari e cala viceversa, non deve stupire il fatto che nelle ultime due settimane i sondaggi, a cui partecipano diverse categorie d’investitori, hanno mostrato un calo dei ribassisti ed un aumento dei rialzisti.
Forse però è il caso di soffermarsi sulla velocità con cui questo sentiment da pessimista si è ribaltato dalla parte opposta.
Nel recente sondaggio di Investors Intelligence, a cui partecipano i redattori di newsletters finanziarie negli Usa, i rialzisti sono aumentati al 57,3% mentre i ribassisti sono scesi al 15,7%.
Anche se la percentuale dei rialzisti si trova lontano da livelli di euforia o di compiacenza (sopra il 60%), che anticipano ripiegamenti rilevanti degli indici, è importante l’entità del cambiamento tra i ribassisti.
L’ultimo sondaggio ha mostrato un netto calo (-32%) della percentuale dei ribassisti, la quale è scesa sotto i valori minimi precedenti al ribasso di marzo ma che sono anche inferiori ai minimi di metà gennaio 2010 (15,9%).
Ci si deve preoccupare?
Forse si e forse no, nel senso che qualsiasi rialzo ha bisogno di un aumento dei consensi ma quando questo diventa troppo veloce, cioè concentrato in poco tempo, le aspettative nell’immediato potrebbero essere deluse.
La tabella seguente mostra la performance dell’S&P 500 nei diversi periodi successivi ai maggiori cali settimanali (superiori al 30%) dei ribassisti Investors Intelligence.
Dall’inizio del sondaggio, nel 1975, è la 16° volta (la 4° dal 1990) che si registra un calo cosi marcato in una settimana.
L’S&P 500 a distanza di 1 mese ha segnato un risultato positivo in poco più della metà dei casi, quindi sotto la media storica per un uguale periodo, idem a distanza di 3 mesi.
Da notare che dal 1980 i casi positivi superano di gran lunga i casi negativi, a differenza di quanto è successo negli anni 70.
I traders istituzionali operanti sulle opzioni S&P 100 insistono nell’incrementare la loro posizione sulle opzioni put.
L’open interest ratio sull’Oex, dopo un primo ripiegamento, si è riportato di recente su valori addirittura superiori a quelli raggiunti prima della correzione di marzo.
La performance dell’S&P 500 a distanza di 30 giorni, dopo che l’Open Interest Ratio Oex ha ecceduto quota 1,75, è stata in media del -0,8% con la perdita massima media del -5% rispetto al guadagno massimo medio del 1,9%.
Il sentiment sul mercato azionario europeo è molto più indietro di quello manifestato dagli esperti intervistati da Investors Intelligence.
Il Daily Sentiment Index sul futures dell’EuroStoxx 50, dopo che a metà marzo era crollato ai valori minimi dal 2009, ha da poco superato la linea della neutralità sopra 50.
Ora la vicinanza dell’S&P 500 ai suoi recenti massimi porta i traders ad essere più fiduciosi su questo indice e molto meno su quello europeo.
Non ci si dovrà stupire quindi se nei prossimi 2-3 mesi il mercato azionario europeo farà meglio di quello americano, il che non sarebbe una sorpresa in questo 2011 dato che era già successo nei primi 2 mesi dell’anno.
Un periodo in cui il rischio credito sul debito dell’area euro registrava il primo significativo ribasso dai massimi di fine 2010 e il settore bancario mostrava i primi segnali di ripresa, due fattori tra loro collegati ma che hanno già dimostrato di sorprendere la convinzione generale.
Alla luce dei recenti dati sul sentiment forse la strada del rialzo degli indici azionari potrebbe essere più accidentata di quello che ci si poteva aspettare.
Il mercato obbligazionario governativo non pare rappresentare comunque una valida alternativa, dato che ha ormai ridato indietro i guadagni registrati tra metà febbraio e metà marzo, e il deflusso dai fondi obbligazionari dopo anni di raccolta netta positiva pare essere solo all’inizio.
Le recenti operazioni di acquisizione sul mercato azionario ci ricordano inoltre che il vero valore delle borse è più in alto.
Lunedì la Texas Instruments ha comprato per 6,5 miliardi di dollari la rivale National Semiconductor, con un premio dell’80% rispetto alla chiusura di venerdi 1 aprile.
In Europa l’acquisizione della settimana è stata quella dell’azienda chimica belga Solvay, che ha offerto 3,4 miliardi di euro per un’altra azienda chimica, la francese Rhodia, con un premio del 44% rispetto alla media degli ultimi 3 mesi.
Le recenti acquisizioni, che si confermano trasversali tra i settori, hanno di conseguenza spinto gli analisti a ricercare le prossime potenziali prede.
Quale migliore occasione per comprare le azioni dei potenziali candidati a un takeover se il prezzo dovesse scendere?
Paolo Calcinari
paolo@sentimentcharts.it