Il mio ultimo commento del 2 Maggio era titolato “Tutto dipende dal Dollaro”, la chiusura delle posizioni speculative sull’argento e sul alcune materie prime (conseguente all’aumento dei margini sui futures) ha portato alla chiusura dei finanziamenti in Dollari utilizzati per speculare sui mercati finanziari (le cosiddette Carry trades). Il recupero del Dollaro ha quindi determinato un’uscita dalle asset class rischiose, come azioni e materie prime, a favore dell’obbligazionario e dei settori più difensivi.
Il sentiment nelle ultime settimane è stato di difficile interpretazione, i redattori di newsletters finanziarie (Investors Intelligence) hanno raggiunto un livello di ribassisti tra i più bassi da 20 anni a questa parte, ma nello stesso tempo gli investitori privati dell’AAII si sono mostrati molto scettici sulle prospettive del mercato azionario, nonostante i nuovi massimi.
Nell’ultimo sondaggio dell’AAII si è avuta l’ennesima conferma di questo scetticismo, infatti, i rialzisti hanno raggiunto il livello più basso delle ultime 8 settimane (30,77%), superati dalla percentuale dei ribassisti (35,5%) per la prima volta dalla settimana dei minimi di metà marzo.
E’ evidente cha siamo in presenza di un’anomalia nel comportamento degli investitori privati americani.
Ricercando i casi in cui l’S&P 500 era ad almeno il 2% dai suoi massimi annuali si scopre che la percentuale dei rialzisti in media è stata del 43%.
Calcolando 1 deviazione standard da questa media lo scarto minimo e massimo è stato del 10%, sopra o sotto la suddetta media.
In questo momento siamo oltre lo scarto più basso, poiché la distanza da questa media è superiore al 12%.
La seguente tabella mostra i casi in cui si sono riscontrati le suddette condizioni, cioè quando l’S&P 500 si trovava ad almeno il 2% dai suoi massimi annuali, ma i rialzisti dell’AAII erano calati ai minimi da 8 settimane e sotto il 31%.
La performance del mercato nel medio termine si è rivelata buona, ma leggermente più debole a distanza di 2 mesi, con un risultato superiore alla media storica dell’S&P 500 riscontrata invece dopo 1, 3 e 6 mesi.
La possibilità che gli indici possano proseguire nella fase di consolidamento iniziata di recente è supportata anche dall’analisi del sentiment sugli indici europei.
Il Daily Sentiment Index sull’indice europeo più forte, il Dax tedesco, nonostante i nuovi massimi dell’indice, è stato incapace di migliorarsi confermando che lo scetticismo ha colpito anche i traders che operano sul suo futures.
All’incertezza del mercato azionario fa da contro-altare il recupero dell’obbligazionario, anche dal punto di vista del sentiment.
Il Daily Sentiment Index sul futures del Bund si è avvicinato abbastanza velocemente alla linea dell’ottimismo, confermando che i traders si trovano ora più a loro agio nello scommettere su di un proseguimento del rimbalzo dell’asset class più penalizzata degli ultimi mesi che non di un ulteriore rialzo dell’azionario.
A complicare ancora di più l’interpretazione del sentiment contribuisce il put/call ratio equity che ha raggiunto quota 0,75 nella giornata di venerdi, fornendo un segnale rialzista nel brevissimo termine, il quale contrasta con il record raggiunto a metà settimana dal ratio open interest sulle opzioni dell’Oex (S&P 100).
Se quindi i piccoli traders sulle opzioni speculano ora al ribasso, spesso in ritardo rispetto all’evoluzione degli indici azionari marcando di frequente dei minimi, il fatto che lo facciano i traders istituzionali, attraverso l’accumulo di posizioni sulle put è tutt’altro che positivo.
Il ratio open interest sull’Oex ha raggiunto i picchi segnati in due occasioni tra maggio e luglio del 2007, il che comporterebbe come minimo un andamento incerto per le prossime settimane.
Paolo Calcinari
paolo@sentimentcharts.it