E’ noto che le azioni rendono, nel lungo termine, sempre più delle obbligazioni. La cosa è piuttosto ovvia anche alla luce del fatto che la controparte dell’obbligazione, cioè il debitore, tende a dare il meno possibile, mentre nelle azioni, specchio del progresso, le possibilità d’incremento, seppur incerte, hanno da sempre battuto l’insieme delle posizioni debitorie.
Un grafico che ho rispolverato, anche se non aggiornato, rende l’idea della cosa :
Il guadagno medio dell’azionario, rispetto all’obbligazionario è attorno all’ 1,5% che con la capitalizzazione composta negli anni raggiunge una somma enorme.
Ma oggi, rendono di più le azioni o le obbligazioni ?
In USA le azioni hanno oggi una resa sugli utili che è attorno al 5%, con il suo contrario P/E che è attorno a 20, quindi un tanti nello care, ma in Italia il P/E è ancora a livello 14, quindi spazi di crescita ce ne sono eccome. I dati riportati si riferiscono al trimestre in corso, senza però considerare le ultime trimestrali uscite, che sono state per lo più positive.
Le obbligazioni invece rendono questo :
Ossia, per trovare rendimenti del 3% si deve investire su scadenze di 30 anni o maggiori. Quindi, se il differenziale medio storico tra azioni e obbligazioni è di 1,5% ed oggi lo troviamo a circa 3-4% significa che uno dei due comparti è salito forse troppo ed è proprio l’obbligazionario oggi ad avere un rischio più elevato di riequilibrio.
Infatti, le varie crisi succedutesi nel corso di questi ultimi mesi, come la Grecia, l’ Irlanda, nonché una generalizzata avversione al rischio, hanno spinto la maggior parte degli investitori ad investire sulla qualità, fenomeno quest’ultimo chiamato “flight to quality” che significa letteralmente “volare verso la qualità del credito”. Quindi, crisi dopo crisi, gli investitori hanno preferito investire in titoli di debito di quegli stati che appaiono più sicuri in fatto di solvibilità, in Europa per esempio la Germania. A forza di compare però i rendimenti sono scesi al lumicino (vedi curva sopra) fino ad essere, in alcuni titoli di brevissimo termine, addirittura negativi. E’ questo il caso di alcune inflaction linked, cioè titoli che seguono l’andamento dell’inflazione, di cui finora non si è vista traccia.
Ora però qualcosa sta per cambiare : la Cina ha alzato i tassi per rallentare l’affacciarsi di spinte inflazionistiche e l’America , dal 2 Novembre prossimo, darà il via alla Quantitative Easing 2 , cioè la FED stamperà nuova moneta ed immetterà nel sistema un’altra valanga di denaro, allo scopo di supportare la crescita economica e creare nuova occupazione.
Da quando esiste il mondo, simili manovre portano si agli effetti sperati, ma generando crescita di PIL al 5% saranno anche inevitabile spinte inflazionistiche che, per essere domate, hanno necessità di tassi più alti.
Oggi sembra che nessuno voglia credere o pensare, che a breve l’inflazione rialzerà la testa continuando ad investire in tassi fissi anziché variabili, ma poiché :
- · L’ Euribor sta risalendo, (grafico sotto)
- · Le rese dei Titoli di stato sono bassissime e quindi il loro prezzo è alto,
- · I tassi in giro per il mondo cominciano a risalire,
- · Le aziende comunicano trimestrali sopra le aspettative,
Le obbligazioni scenderanno e riequilibreranno il trend storico.
Sarebbe pertanto saggio guardare ai comparti INDICIZZATI anziché FISSI, nonché alle Obb Corporate e High Yield e Obb dei paesi emergenti .
In definitiva, anche se le azioni rimanessero qui dove sono le obbligazioni tenderebbero comunque a scendere poiché appaiono strutturalmente sopravvalutate.
SENTIMENT :
La settimana è stata altalenante, complice anche il flusso di dati delle trimestrali USA. Il dollaro, come anticipato dalla mia ultima, ha preso fiato assieme all’oro.
Il barometro del sentiment segna ancora un quasi rosso di ottimismo e c’è da tenerne conto:
Gli investitori privati sembrano avere qualche resistenza ad essere fiduciosi sul trend in atto . Hanno forse il rimpianto di aver perso il treno ??
Gli investitori professionali invece lo assecondano :
Le divergenze sullo spessore del trend sul Nasdaq invitano alla prudenza :
Così come le azioni sopra la MM50 dell’ SP500 segnalano un eccesso di medio termine:
CONCLUSIONI :
Supportato dalla statistica e dal sentiment rimango dell’opinione che il mercato dovrebbe scaricare al ribasso gli eccessi di medio termine.
Nel lungo termine, invece, sono più che ottimista, confortato dalle buone trimestrali e dalla manovra di Quantitative Easing ormai alle porte nonché dal caro obbligazioni.
Quindi, in attesa di prezzi più a buon mercato per poter incrementare le posizioni azionarie, lascio la manetta su NEUTRO.
Saluti
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